Stamattina nella posta elettronica trovo un invito di Luca ad unirmi ad uno strano gruppo su FaceBook: Indigeni digitali. Non c’è che dire, il nome è strano ma basta guardare l’elenco degli officers, dal Corporate cerbottaniere al Generale dell’armata dei parapalle, per capire che si tratta di un bel gruppo di teste pensanti.

A quel punto sono sufficienti 5 minuti per capire cosa sta succedendo e farsi cadere un poco le braccia.

C’è chi si appropria del nome *Camp per organizzare un evento che nulla c’entra con un BarCamp, e per peggiorare la situazione decide pure di usare il Wiki ufficiale e il sito BarcampItalia.

Come conciliare questa frase

Sarà un momento di incontro per semplici utenti Internet e professionisti che vogliono approfondire i temi della sicurezza online e proporre nuove modalità di protezione dalla pirateria informatica.

E questa?

Ecco perchè così tanta gente, badate, gente normale (strano per un BarCamp) e molto interessata alle due presentazioni mattutine; presentazioni curate dai due sponsor dell’ evento, aperte alla discussione e ripeto molto partecipate. In pratica questo era un corso di formazione e l’ 80% dei partecipanti lavorava in banca compreso il gruppeto di più giovani con le polo che lavoravano per l’ azienda sponsorizzante (che poi era organizzante).

Coloro che hanno organizzato questo “non BarCamp” (vorrei usare termini più grevi, ma per una volta eviterò) usando strumenti come il blog dei Barcamp italiani o il Wiki ufficiale, dovrebbe semplicemente chiedere scusa, pubblicamente e in modo credibile. Non ho motivo di dubitare di quanto scritto da Sid: non vedo perché avrebbe dovuto inventarsi una storia del genere. Sta a voi spiegare cosa sia successo, sperando che la colpa non ricada sulle incomprensioni al tavolo dell’accettazione…

Visto che hanno un blog, chissà che non controllino pure le blog reactions. A proposito di blog: il tema è scazzato (immagini disallineate in vari punti) e la versione di WordPress non è aggiornata, come azienda potete fare di meglio (e magari lasciare il link a WordPress da qualche parte) 😉

C’è anche chi sta organizzando la terza edizione del marketing camp e sceglierà 10 “esploratori digitali”, ovviamente selezionati ad insindacabile giudizio dell’organizzatore (che io non sono ancora riuscito ad incrociare ad un barcamp vero). Visto che la polemica è vecchia, cito un vecchio post di Stefano Vitta (essendo tra gli invitati al tempo non può certo essere accusato di invidia):

Se si usa il termine Camp e quindi si vuole identificare l’evento come uno dei tanti BarCamp che, in numero sempre maggiore, si stanno svolgendo in Italia, le critiche sono giustificate. I BarCamp sono nati proprio per essere aperti alla partecipazione di tutti. Io credo basterebbe cambiargli nome…


19 commenti/trackback a “Barcamp e appropriazione indebita”

  1. Roberto Dadda scrive:

    Amico mio sfondi una porta aperta: questa osservazione io la feci a Camisani un paio di Marketing Camp (!?!?!) fa ed è uno dei motivi per i quali lui censura sistematicamente i miei interventi dal suo sito.
    In occasione del secondo Camp il nostro cittadino digitale ha invitato chi avesse temi da proporre a partecipare. Io ho preparato una proposta (tieni presente che mi sono occupato anche del marketing della prima banca italiano on line e volevo fare qualche osservazione su quella esperienza): risposta “Al Camp viene solo chi decido io!”.
    Non c’è che dire il nostro amico ha capito perfettamente la filosofia del camp!!!

    bob

  2. stackx scrive:

    Infatti questo tipo di incontri nei paesi francofoni (l’inventore è il franco-canadese Michel Leblanc, ed è un’idea abbastanza recente) li chiamano “Yulbiz”, e almeno il suffisso dà l’idea che comunque l’incontro ha in qualche modo un carattere commerciale, anche se sono fatti in maniera estremamente informale. Ma pur sempre di marketing si tratta e su questo la chiarezza dovrebbe essere lampante.

  3. Dario Salvelli scrive:

    Ora mi dovrai per forza far iscrivere su Facebook ed accettare gli inviti che mi sono arrivati. Accidenti.
    D’accordo in toto con il post,come al solito.

  4. flod scrive:

    Aggiungo una considerazione sul blog di IWBank: il foglio di stile fa riferimento ad un tema Cordobo, e direi che il tema in uso è molto simile a questo, peccato siano spariti i riferimenti nel footer.

  5. flod scrive:

    Se avete dei dubbi controllate il foglio di stile 😉

  6. Sid scrive:

    Se proprio devo essere sincero ho messo anche degli omissis… perchè quando gli ho chiesto candidamente se avevano organizzato loro l’ evento mica hanno risposto subito (e l’ incrocio di sguardi prima di accennare un ehm…beh…si la diceva gia lunga)…
    Sarà che ero a due passi da casa ma non do valore all’ evento in se e il fatto che sia un azienda piuttosto che un altra francamente non mi interessa; io spero solo che serva da spunto, la rotta va corretta IMHO e questa potrebbe essere l’ occasione.

  7. Nicola Mattina scrive:

    Però c’è da dire che il marchese di primogenitura di iscrive sempre a tutti i barcamp: magie del pagerank 😉

  8. Livia Iacolare scrive:

    Sono d’accordo con Nicola.

    Poi si sa: una linkata di cul* non fa mai male 🙂

  9. Folletto Malefico scrive:

    La mia critica al nome MarketingCamp la feci già alla prima edizione, inutile reiterare oggi che sembra che molti se ne siano accorti. 🙂

    Il BarCamp, come ha detto oggi Bru è un evento “aperto”, che quindi può venire gestito e trasformato secondo tradizioni locali.
    Parole precise, che però a mio avviso sott’intendono comunque una premessa: la filosofia deve essere sempre quella. 🙂

    Ora non mi dilungherei ulteriormente. In fondo, non credo che le mie parole possano cambiare qualcosa in chi sta agendo con malizia o ignoranza. Sono troppo distante.

    Rinnovo però l’invito a contribuire alla BarCampGuide italiana:
    http://wiki.bzaar.net/BarCampGuide

  10. Nick Fish scrive:

    Pure io ero presente al securityFakeCamp, e non posso che confermare in pieno quanto scritto da Sid. Che l’evento fosse organizzato dalla banca non c’era nessuna traccia ufficiale, ma il sospetto s’è tramutato via via in certezza, suffragata alla fine dalla candida ammissione di un loro collaboratore esterno (non dalla banca stessa).

    Chiariamo: qualche spunto positivo lo si raccoglie sempre, anche dalla peggiore delle situazioni, però non posso che dire di essermi sentito preso per i fondelli dato che ho partecipato a un qualcosa che non era quello che diceva di essere. Nei fatti un evento di marketing di una impresa privata che sicuramente avrà tratto modesto giovamento da questa goffa mistificazione, dato che tutta la visibilità che ne ha tratto si trasformerà in cattiva pubblicità.

  11. Nick Fish scrive:

    Aggiungo: provate a postare sul blog o sul forum dell’impresa citata: vi cadranno le braccia dalla desolazione! 🙁

  12. Folletto Malefico scrive:

    Sinceramente, uso i servizi dell’impresa citata e per quanto sia evidente che il blog e il forum sian filtrati, comunque è una delle poche (l’unica forse?) società di quel tipo che offre un servizio simile, e sin’ora mi è sembrato anche piuttosto ben fatto, per quanto con ampi margini di miglioramento. 🙂

    Hanno probabilmente bisogno di qualcuno che conosca meglio le dinamiche sul web, ma quantomeno ci provano e l’esempio limite del BarCamp mi sembra un tentativo – goffo, questo si – di sperimentare.

  13. Nick Fish scrive:

    @ Folletto Malefico

    Nessuno ovviamente sta esprimendo un parere sulla qualità del servizio offerto da questa impresa.

    Tu lo consideri solo un tentativo goffo, io dico che ogni persona, anche se non esperta di web 2.0, ha una sua testa per pensare, e se non è stato reso chiaro di cosa si trattava lo considero un fatto premeditato, frutto di un calcolo, dato che imprese di questo calibro non improvvisano certo il modo con cui si presentano al pubblico.

    Cordialmente, Nicola 🙂

  14. flod scrive:

    @Folletto

    Non si discute della qualità dei servizi bancari offerti da IWBank, ma della scelta di “sperimentare” e della strada usata per farlo.

    Prendiamo ad esempio il blog: perché un’azienda del genere non si affida ad un professionista? Non mi risulta che per fare un tema di WordPress servano migliaia di euro, sicuramente copiare un tema e togliere i credits non è un buon modo di presentarsi 😉

    Stesso discorso vale per l’entrata a gamba tesa nel meccanismo dei BarCamp: chi li ha consigliati? Ci sarà pure un “colpevole”

  15. Folletto Malefico scrive:

    Neppure io parlavo della qualità del servizio offerto, ma di una certa parte della comunicazione che fanno (blog e forum). 🙂

    Che sia premeditato mi sembra ovvio. Ma secondo me è goffo, mi spiego. 😉

    Hanno utilizzato il formato BarCamp per avere un certo tipo di immagine. Questa è premeditazione, siamo d’accordo.

    Partendo però da questa premessa, c’erano due modi di sfruttare il formato BarCamp: in un caso, avrebbero potuto prendere la filosofia del BarCamp e creare quindi un evento soddisfacente e conforme al formato: a questo punto non vi sarebbero state critiche ma solo pareri positivi.
    Tanti son stati gli sponsor dei BarCamp e non mi pare che ci sian solo esempi negativi. 🙂

    Al contrario, l’altro modo – quello che han fatto – è stato goffo perché del BarCamp han preso soltanto il nome. Il risultato non è quindi stato dei migliori, con un drawback di un certo tipo dal punto di vista dell’immagine. 🙂

    Son riuscito a spiegarmi? 🙂

  16. flod scrive:

    Son riuscito a spiegarmi? 🙂

    Adesso direi di sì 😉

Trackback e pingback

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    [...] Mi ero perso l’interessantissimo post di Pseudotecnico: “Barcamp e appropriazione indebita”, che vi invito a leggere qualota [...]
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    [...] dell’evento li potete trovare sul blog di Sid; altre considerazioni affini su quello di PseudoTecnico o su quello di…
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